La guerra del nostro esercito, durante la seconda guerra mondiale, dal 8 settembre 1943 fino al maggio 1945. Una guerra dimenticata:
se le battaglie compiute a fianco dell'alleato germanico vengono
ricordate a malapena, quasi con vergogna, questo è prorio un capitolo
assente dai libri di storia. Alfio Caruso si
da il compito di riportare a galla questa pagina, come già avvenuto per
la storia del massacro della divisione Acqui a Cefalonia, raccontato
nel libro “Italiani, dovete morire!”. O come la storia della ritirata
degli alpini in Russia, quando accerchiati, feriti, dovettero combattere
per spezzare l'accerchiamento delle truppe corazzate russe, nel libro
“Tutti i vivi all'assalto”. Nel suo precedente libro, “Arrivano i
nostri”, aveva svelato i retroscena dello sbarco alleato in Sicilia, nel
1943, le complicità tra mafia, massoni, doppiogiochisti della marina
italiana per abbattere il fascismo in Sicilia e preparare il terreno
agli alleati.
In questo libro si parla di quanti, l'8 settembre 1943, dovettero
porsi la domanda: da che parte stare? Cosa faccio? Alla notizia
dell'armistizio, con il re, Badoglio, la corte i più alti gradi
dell'esercito in fuga, le nostre forze militari si trovarono impreparate
a fronteggiare la reazione dei tedeschi. Molti scappano, qualcuno
sceglie di andare dalla parte dei tedeschi, ma molti decidono di
impugnare le armi contro quello che fino a ieri è nostro nemico. Occorre
riscrivere la storia, sollevare dal fango lonore della patria (una
patria né monarchica né repubblicana, ma solo una patria in cui
ritrovarsi). Il prezzo pagato per questa scelta è stato alto: 86000 morti, dei quali 25000 nel solo mese di settembre,
il settembre nero dell'esercito italiano.
Morirono sui campi di
battaglia e nei lager tedeschi: ma di loro non se ne parla mai.
La tesi
sostenuta dall'autore è che al termina della guerra fu stipulato un
compromesso “l'Italia che si appoggiava agli Stati Uniti lasciò alla
Sinistra il monopolio e i meriti della resistenza; di converso,
l'Italia che si appoggiava all'URSS consentì che la borghesia e i
moderati, spesso cementati dalla comune appartenenza alle rinate logge
massoniche, assolvessero, in certi casi senza nemmeno processarli, i
principali responsabili dell'8 settembre (Badoglio, Ambrosio, Roatta cui
si permette di fuggire, Carboni, Vittorio Emanuele III, Umberto ) e
della Repubblica sociale (Graziani Anfuso Borghese).”
E così oggi, nessuno conosce le gesta del militari del CIL
(Corpo Italiano di Liberazione), composto da ragazzi che avevano già
combattuto nelle steppe o nel deserto africano; molti erano stati
convinti fascisti, ma lo sfacelo di quei giorni gli fa aprire gli occhi.
Il CIL fu composto da unità provenienti da alpini, bersaglieri, fanti,
artiglieri, i parà della Nembo, e combatte, all'interno delle forze
alleate, una volta sotto il controllo con la V armata (USA, comandata
dal generale Clark), a volte sotto la VIII armata (inglese, gen Leese), a
fianco di inglesi, polacchi, canadesi e neozelandesi. Il libro alterna
alle vicende belliche (Monte Lungo, Monte Marrone, Filotrattano,
Ostra), le vicende e la presa di coscienza di 15 giovani militari, che
l'armistizio coglie nelle varie parti dell'Europa dove le armate
italiane erano dislocate, Grecia, Jugoslavia, Albania e Italia. I nostri
militari furono inizialmente usati per compiti di controllo o di fatica
(riparazione di strade, ponti), poi subirono il battesimo di fuoco a
Monte Lungo (8/12/1943). Dovevano vincere le diffidenze degli alleati
che non si fidavano di loro: ma anche in condizioni così difficili molti
riuscirono a farsi onore, a guadagnarsi la stima degli angloamericani e
ribaltare l'immagine dell'italiano cattivo combattente. Come i militari
della Folgore, che si erano già fatti conoscere ad El Alamein “un
nome rispettato e ammirato anche dagli stessi inglesi, un nome portato
già da Gay e dai suoi commandos al servizio dell'antifascismo e che nel
dopoguerra soltanto l'imbecillità della sinistra potrà regalare al
fascismo. ”
La nostra repubblica passa anche per il loro sacrificio, ed è giusto
ricordarli. Assieme ai morti partigiani. Preferirei, ma è una mia
provocazione, festeggiare la data dell'8 settembre, anziché il 25 aprile. Il 25 aprile segna la fine di una lotta: ma è nell'8 settembre che si prendono le scelte:
il re, la sua corte, i generali (molti dei quali beneficiati dal
fascismo stesso) decide di scappare. Altri, anche i nostri uomini in
divisa, scelsero di mettere in gioco la propria vita, per riscattare la
nostra libertà.
Aprile 2005
Il ilnk su ibs
Nessun commento:
Posta un commento