mercoledì 26 settembre 2012

Privo di titolo di Andrea Camilleri

I precedenti libri di Camilleri, ambientati nel passato, non mi erano piaciuti molto: "La presa di Macallè" mi era parso scritto troppo di impulso, con troppa violenza, quasi un pugno nello stomaco. La stessa violenza della "cultura" fascista su quelle generazioni (di cui Camilleri fa parte).
La storia raccontata ne "Il re di Girgenti" invece non mi aveva appassionato, troppo lunga e priva di quel houmor graffiante (contro la mafia, contro la burocrazia dello stato piemontese) che caratterizza quei capolavori come "Il birraio di Preston" e "La concessione del telefono". "Privo di titolo" riprende quello stile: ironico, pungente: deride il fascismo siciliano mettendone in ridicolo tutti gli aspetti coreografici, pomposi che lo caratterizzano. Il culto dei "martiri", le cerimonie con i labari, camicie nere e bandiere, i discorsi roboanti dove si tira in ballo la patria, l'onore, l'antibolscevimo .. Il capo della sezione fascista del paese che, durante i giorni della marcia su Roma, se la spassa a Taormina. ..
"Privo di titolo" è la storia di un imbroglio: come da un omicidio per rissa, si arrivi a costruire l'immagine del (primo e unico) martire fascista, ucciso il 24 aprile 1921, "assassinato da mano bolscevica". Il realtà Gigino Gattuso, che viene citato col suo vero nome solo nel primo capitolo che fa da introduzione, morì ucciso da un suo compagno fascista durante una rissa, contro un militante comunista.
La vicenda viene raccoltata come se fosse una rappresentazione scenografica teatrale: prima l'introduzione dei personaggi, descritti col solito stile cinico e impietoso (lo studente che fa la bella vita, il nipotastro della ricca nonna ...). Poi la storia dell'agguato, che viene raccontata tramite fermi immagine, una trovata inedita in Camilleri, dove l'io narrante analizza i dettagli della scena perchè avranno una grande importanza nell'indagine.
Segue l'indagine, portata avanti sia dalla squadra politica della Questura, che prende subito la direzione dell'omicidio politico, sia dai carabinieri che, non convinti da alcuni dettagli, cercano di capire la verità. Dal dialogo tra il mareschiallo del paese e il tenete mandato a conurre le indagini:

"Ma come fa a non capirlo, tenente? Il commissario la pensa politicamente in un certo ... e agisce di conseguenza, non solo per obbedire alle sue convinzioni, ma per tirarne il suo tornaconto
Non vedo che tornaconto ...
Ora come ora non ne ha, ma massima tra un anno, quell come lui governeranno l'Italia. Non lo vede come vanno le cose? E Lanzilotta [il comm. politico] sarà in grado di esibire le sue benemerenze e di ricevere in cambio quello che domanderà."
Perchè innocente è la vittima dell'agguato, che si autoaccusa del delitto, mentre è incolpevole il defunto fascista, defraudato "nella sua deserta solitudine" della dignità di un semplice morto "privo di titolo".
Alle parti di narrazione si alternano documenti, verbali (delle interrogazioni), testimonianze, secondo lo stile già usato ne "La scomparsa di Patò". Fino alla sentenza finale dell'omicidio: che scagiona il comunista e lo lascia libero. I fascisti locali capiscono che non è più il tempo delle manganellate dell'olio di ricino (siamo nel 1924, poco dopo l'omicidio Matteotti).
"Tu - continuò Mancuso - fatti dare una copia della sentenza e portatela a Roma. E non ti devi limitare, parlando con Giacomino (il capo di gabinetto del ministero degli interni), al nostro caso particolare. Gli devi far presente il grosso rischio che rappresenta una magistratura che non si vuole allineare. Di un magistrato che non sia fascista non si può fidare
".
Quanto sembrano attuali queste parole, sembra di averle già sentite.

Contemporaneamente, per omaggiare la discesa di Mussolini in Sicilia, nel 1924, a Caltagirone, il calatino Giacomo Barone, capo di gabinetto del ministero degli interni, decide di costruire una città e di chiamarla Mussolinia. Alla posa della prima pietra (prima pietra per modo di dire, poichè la costruzione delle casi era già iniziata) Mussolini si ritrova vittima del furto della propria bombetta, che non verrà più ritrovata, e della pergamena che doveva essere inserita all'interno. Dopo la cerimonia Mussolini fugge via, infastidito da questi incidenti ed anche dal fischio dei caprai durante il suo discorso e, come avvenuto per altre opere in Italia, di Mussolinia se ne dimenticano tutti: nel 1930 non è ancora stata completata. Ma lui se ne ricorda, gettando nel panico l'ideatore (Barone) e le autorità fasciste locali. Si decide di ricorrere ad un fotomontaggio, utilizzando delle sagome di legno al posto delle case in muratura. Insomma, un fotomontaggio.

Gigino fu il protomartire (tanti ne avremmo visti negli anni a venire) di una realtà stracangiata con violenza dalla volontà politica, dai giornali accodati a quella volontà politica, dalla cosidetta opinione politica orientata dal potere. Sulla morte di Gigino Gattuso, e proprio senza alcun rispetto per la sua morte, venne costruita una solenne mistificazione che sostituiva la realtà con una realtà virtuale, inesistente.

Aprile 2005
Il link su ibs

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