Sei racconti brevi ma intensi: sei storie "cattive" che potrebbere essere storie vere. Si capisce che chi ce le racconta (De Cataldo
è magistrato in effetti) ha una profonda conoscenza della criminalità
minore: non le grandi cosche, la camorra, ma giovani sbandati, non
necessariamente provenienti da famiglie disagiate, anzi.
"Nessuno
dei tre può vantare la tradizionale infanzia difficile e nemmeno
precedentipenali. Ciascuno pensa di essere un tipo posto, togo e tosto.
Non delinquenti a tutti gli effetti, dunque, ma ragazzi svelti di
manoin un mondo chiuso e banale. Ragazzi come tanti altri, e questa
storia li ha catturati nel bel mezzo di un guado morale che rende le
loro esistenze aperte a qualunque possibile esito. Potrebbero diventare
mafiosi come buoni padri di famiglia .. in questo momento sono che dei
balordi periferia con tanto futuro davanti e nessuna memoria alle
spalle."
Leggendo questi racconti mi vengono in mente le storie raccontate nei gialli di Scerbanenco,
ad es. "Venere privata". Lo stesso stile freddo ed asciutto, dove chi
scrive racconta solo una storia, in modo distaccato senza giudizi. Sono
gli stessi anche i "cattivi": a volte troppo ignoranti per comprendere
il male delle loro azioni.
Il link su ibs
Novembre 2004
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