Grazie presidente Ciampi per non avere concesso la grazia a Priebke.
Come ha affermato lei, la grazia deve venire dietro un sentimento di
pentimento (mai espresso) e per concessione dei parenti delle vittime.
Dietro l'attentato di via Rasella 23 marzo 1944 si è detto poco e male:
-si è data la responsabilità del massacro delle Fosse Ardeatine sui
partigiani Gappisti che organizzarono l'attentato. Circa la questione
delle rappresaglie i partigiani italiani avevano stabilito di non cedere
a questo ricatto, perchè questo avrebbe spento sul nascere tutte le
attività partigiane.
-la stessa decisione era stata presa dai partigiani francesi: ad es
dai lavoratori ferroviari, che sistematicamente bloccavano o sabotavano i
convogli tedeschi. Anche per questi la rappresaglia fu dura: molti
ferrivieri furono uccisi o deportati nei campi di sterminio: ma nessun
in Francia si è mai permesso di dare questa responsabilità ai partgiani.
-dopo l'attentato nè Kesserling nè altri esponenti dell'esercito
tedesco emisero dei comunicati in cui chiedere agli attentatori di
"farsi avanti", per evitare ritorsioni contro civili. Solo dopo la
rappresaglia venne pubblicato sul quotidiano "Il giornale d'Italia" (del
26 marzo) un trafiletto nel quale si condannava l'attentato e che
concludeva dicendo "Questo ordine è già stato eseguito."
-L'uccisione di 10 italiani per ogni tedesco rimane comunque qualcosa
di mostruoso: non era mai avvenuto prima nella 2 guerra mondiale. Chi
vuole incolpare i partigiani di ciò, lo dice per non voler dare a questi
lo status di belligeranti, negando il ruolo avuto per la librazione
dell'Italia. Rimane il fatto che le vittime furono 335 e non 330 (se
proprio vogliamo tirare in ballo le leggi di guerra)....
Infine voglio riportare un paragrafo del libro "Roma città aperta" di Robert Katz: è la testimonianza di Priebke e Kappler sulla modalità delle uccisioni alle Fosse Ardeatine.
La già incerta disciplina venne messa definitivamente in percolo
dal tenente Wetjen, che rifiutò di sparare perchè sosteneva di essere
"nauseato". Kappler lo trattò con gentilezza, ricordandogli il dovere di
eseguire gli ordini "da bravo soldato".
<Non è così facile> esclamò Wetjen.
<Vi sentireste meglio se io fossi al vostro fianco, mentre sparate?>
incalzò Kappler. Wetjen rispose di sì. "Gli passai un braccio attorno
alla vita" raccontò poi Kappler "e ci recammo insieme alle cave", ognuno
sparando alla propria vittima.
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